Movimento V


ANATOMIA DEL SACRO

prima rappresentazione: Fabbrica Europa 2008, Firenze, 17 e 18 maggio 2008

con: Valentina Bravetti, Elisa Gandini, Davide Fabbri
percorso nella scrittura e nel segno: Elisa Gandini
studio sulla figura: Valentina Bravetti
corpo del suono: Elicheinfunzione
ideazione e luci: Claudio Angelini
realizzazione del tavolo anatomico: Plastikart
composizione dei linguaggi: Claudio Angelini, Valentina Bravetti, Elisa Gandini, Fabbri Davide
con il contributo di: MGM Mondo del Vino, Comec
si ringrazia: Codex Audio, Bipres spa
produzione: Fondazione Pontedera Teatro, 4 Cantieri per Fabbrica Europa, Città di Ebla, Teatro Diego Fabbri, Comune di Forlì, Aksè

Anatomia del sacro parte dall’etimologia di due parole: anatomia come “taglio” e sacro come “separazione e irradiamento”. I due termini, giustapposti, provocano lo stesso effetto prodotto da due specchi messi l’uno di fronte all’altro.
Nella performance lo spazio della scena è diviso in tre zone occupate da: un tavolo anatomico su cui giace un corpo, un semplice tavolo con macchine e computer, una lavagna. Tre figure, il corpo sul tavolo anatomico, il musicista alla guida delle sue macchine elettroniche e un’insegnante (?) che riproduce segni e parole sulla lavagna, incrociano il loro percorso dentro il linguaggio, o meglio, i linguaggi che sono chiamati a esprimere: corpo, suono e scrittura.
A differenza degli altri movimenti, Pharmakos V si focalizza sulla valenza del corpo in termini di linguaggio, come supporto in grado di comunicare o semplicemente generare una molteplicità di segni non immediatamente codificabili, e quindi capace di avvicinarsi al sacro come ambito di moltiplicazione del significato. L’uso del segno scritto e dell’elemento sonoro non fanno altro che allineare e restringere, allargare e accrescere, la foresta di segni che il corpo, dal tavolo anatomico, lancia.
L’azione si svolge al centro della sala e gli spettatori potranno assistervi circolando liberamente attorno ad essa. Saranno idealmente spettatori di un teatro anatomico: un luogo che anticamente univa alla funzione scientifica (lo studio del corpo) un’ambiguità che sconfinava nell’estetica e nell’arte.

COORDINATE PER UNA CAMPAGNA DI SCAVO
Il  nucleo della concezione di Pharmakos riguarda l’immaginare un incontro fra corpo sacrificale e corpo medico come punte estreme di una parabola sulla natura e l’evoluzione del senso del corpo. E’ possibile parlare di “varietà di un  medesimo genere”? Quale il confine fra “puro” e “impuro”?
Il corpo è sempre stato il fulcro della visione e dell’azione socio-teatrale, prima che la retorica scenica fosse inventata (lo era sottoforma di corpo sacrificale) ed ha continuato ad esserlo anche in questa società che mira ormai alla nuda vita come fatto politico; eutanasia, clonazione, fecondazione assistita sono al centro del  dibattito pubblico molto più di qualsivoglia analisi  socio-strutturale. Siamo testimoni di un’epoca che ha ormai cancellato il senso profondo degli antichi riti, sparpagliandoli nell’esistenza, mistificandoli, annullando il concetto di pharmakos come significante bivalente, “male” e “rimedio” al contempo, e più in generale eliminando il senso delle cose “sacre”, pure ed impure come varietà del medesimo genere. La ricerca che affrontiamo mira a ristabilire questa continua oscillazione di senso dei segni, mira alla doppia faccia di un’unica medaglia, mira ad una fluttuazione. Si tratta di procedere a ritroso visto che il corpo stesso, nella sua parcellizzazione non rappresenta più un sistema di segni religiosi e simbolici fluttuanti come la era per lo sciamanesimo o la magia antica.
Il primo movimento (Embrione) contiene in potenza gli elementi fondamentali del suo  sviluppo che si articolerà in una serie di tappe pensate non come capitoli ma come evoluzioni successive del suo nucleo di origine.

dal 12 al 15 febbraio 2010 | PIM Spazio Scenico, Milano

4 aprile 2009 | Teatro Era, Pontedera (PI)

27 e 28 marzo 2009 | Sotterranea – Kollatino Underground, Roma

30 ottobre 2008 | EXTRA Segnali della nuova scena italiana (sezione fuori concorso) – Ex Filanda, Forlì

17 maggio 2008 | Fabbrica Europa Festival, Firenze

 

 


Puntoelineamagazine – Claudio Elli | febbraio 2010 – Al principio venne il corpo, complesso plastico da sezionare, esplorare, incidere sul tavolo autoptico, fino al discernimento totale dell’esperienza umana. Poi, dall’esame euristico, che conduce al tentativo di una varietà d’ipotesi empiriche evidenziate sulla superficie di una lavagna, definendo la mappa interpretativa dell’esperienza, ecco la destrutturazione progressiva fino alla cancellazione totale del superfluo, il raggiungimento del vuoto quale preludio del vero obiettivo: l’apertura del punto focale in cui l’infinito si lega alla sacralità di una trasmutazione realizzata attraverso il ritmo e il movimento del corpo stesso, in un’irreversibile separazione semantica. Città di Ebla conduce l’esperimento alchemico con tre figure che comunicano con il corpo, il segno e il suono, nel corso di quaranta minuti in cui l’impatto emotivo con il presente incrocia, oltre lo specchio dell’umanità, il mito fuori d’ogni rappresentazione. Estremo, unico, definitivo.

KLPteatro – Simone Piacini | aprile 2009 – Un nudo armonioso, dolcissimo, che compie una sorta di percorso vitale partendo da una posizione che ricorda un obitorio, o un letto di ospedale. Cullato dalla musica inizia a tracciare traiettorie che descrivono la sua anatomia, disegnano linee sinuose. Riesce a stupirci questo fisico lineare da ballerina, per l’audacia dei movimenti, ma soprattutto per la carica erotica che sprigiona. Le altre due figure (suono e segno) sembrano solo di contorno: un uomo dietro a un velo alla consolle gestisce luci e suoni. Una donna cancella frasi da una lavagna e ne riscrive altre. Si fatica a creare un collegamento con il corpo nudo, ma ciò che si nota è l’interessante presenza in scena di due elementi scenotecnici e meccanici: un letto d’ospedale che diventa fontana (con tanto di zampilli d’acqua) e una lavagna che si trasforma in totem grazie a un movimento spettacolare evidenziato dal perfetto gioco di luci. In questo contesto, sacro diventa il finale: la donna esce dall’acqua e dalla fontana, diventa simbolo della vita e, attraverso un movimento estatico, arriva a questo totem postmoderno, che è la vera figura sacrale, nell’idillio musicale e nell’apoteosi di luci. Il pubblico assiste in piedi a questa cerimonia, al percorso del corpo umano tra acqua e ritualità. Teatro anatomico, teatro-rito ma soprattutto teatro contemporaneo, simbolico ed efficace.

La voce – Alessandro Carli | novembre 2008 – Cinque le dita. L’arto è composto da cinque dita. L’arte – la parte femminile dell’arto – che si apre come una carezza, tocca l’anima. Cinque è anche la tappa conclusiva del viaggio che il regista forlivese Claudio Angelini ha compiuto – e ancora compie: il teatro non muore mai ma rivive sempre negli occhi dello spettatore – nel progetto Pharmakos. Così il Movimento V immerge immediatamente i visitatori in un universo asettico, da camera mortuaria, che riporta immediatamente agli anni ’30. Tre figure – una kapò vestita di nero, austera e algida, una salma giovanissima, un medico anatomico in camice bianco – decidono di riportare alla vita il corpo della fanciulla. […] Sono sciarade di parole, quelle che il gesso bianco tratteggia sulla lavagna: X e Y, i cromosomi, i fonemi dell’origine del linguaggio, le frecce che collegano e danno nuovi significati semantici al verbo. Sono lampi di elettricità che si ripercuotono sul corpo della danzatrice che, annaspando nell’acqua – fonte battesimalee luogo di purificazione – riemerge dal lontano kursaal per riappropriarsi dei propri movimenti. […] La luce si fa accecante e, quasi all’improvviso, il corpo viene inghiottito dal sapere.